DEMOCRAZIA, LEGALITA', PROGRESSO

LA RIFORMA MORALE

LA “RIFORMA MORALE”: L'UNICA CHE ANDREBBE FATTA E NESSUNO FARA’

Riflessioni ed interpretazioni personali sugli eventi dellestate e proposte per cambiare rotta.





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LA SITUAZIONE


I fatti di cronaca giudiziaria, politica e non solo che hanno caratterizzato quest'ultima estate e che all'apparenza potrebbero sembrare del tutto scollegati, in realtà, nella mia mente, si sono incasellati in modo tale da poter proporre un’interpretazione unitaria.

La politica, come spesso accade, non ha dato un grande spettacolo: siamo partiti dalle elezioni regionali con le relative vicende legate a varie candidature “problematiche” (in Campania ma non solo), per passare alla decisione del Senato che nega l’arresto di un suo membro, con tutte le polemiche legate all’opportunità politica di tale scelta, per giungere agli scandali di “Roma Capitale”, cui hanno fatto da contrappunto le esequie degne di una dinastia ducale regnante ottocentesca di un certo personaggio ben noto in quel contesto territoriale, con tanto di “canonizzazione” in uno dei più noti salotti televisivi.
Stiamo, altresì, assistendo ad un dibattito sulla riforma istituzionale e costituzionale che, una volta portata a compimento, provocherà un gravissimo danno alla vita democratica del paese, sotto la spinta di una dottrina politica che sembra ritenere quantomeno “accessorio” il confronto democratico, secondo la quale, l'unico modo di portare in porto i risultati consisterebbe nel fare esattamente, ed in fretta, ciò che il capo decreta, trattando chi dissente senza alcun rispetto e ridicolizzando, umanamente, prima che politicamente, gli oppositori (i “gufi”).
Abbiamo assistito ad un acceso dibattito pubblico, quando un gruppo cospicuo e trasversale di parlamentari ha proposto di legalizzare la cannabis per uso ricreativo, come se il “divertimento” fosse la principale esigenza del paese. Contemporaneamente, abbiamo assistito a terribili tragedie di giovanissimi morti in discoteca e non solo, a causa di una cultura perversa dello sballo, del divertimento sfrenato, connesso all'uso di droghe ed all’abuso di alcol, che, a prescindere da quanto possa essere rappresentativa dello stile di vita complessivo dei giovani italiani, ci rappresentano un quadro desolante di come si intenda oggi il concetto di divertimento. Nel contempo è stata imposta una riforma della scuola, contro gran parte della scuola stessa, che, non solo presenta delle caratteristiche di gravissima criticità in molti aspetti, ma, soprattutto, in alcun modo, affronta i temi relativi all’educazione morale dei giovani, alla loro disciplina, alla loro crescita mentale ed al loro rapporto con la figura dell’insegnate, come rappresentante di un’autorità cui si dovrebbe un certo grado di rispetto.
Più localmente, siamo stati altresì testimoni di fenomeni di occupazione illegale, conditi da una buona dose di opportunismo politico ed ipocrisia, rispetto ai quali non vi sembra essere la volontà politica di agire per restaurare la Legalità; abbiamo anche assistito alla vandalizzazione di locali di proprietà pubblica, dopo che i loro gestori sono stati giustamente invitati a lasciare quel bene per restituirlo alla collettività (vedasi il seguente articolo).
E, sicuramente, vi sono molti fatti rilevanti che ho tralasciato.


L’INTERPRETAZIONE

Illegalità, deboscia, approssimatività e tanto altro…

Che cos'hanno in comune tutti questi episodi?

Tenterò di dare una risposta unitaria, ovviamente, assolutamente personale, cercando di applicare un approccio riduzionista (tanto caro alla mia amata Fisica Teorica). Attendo già una raffica di invettive e di obiezioni, quindi, tenterò di anticiparne qualcuna:

-        OBIEZIONE 1: “Hai ignorato millenni di disquisizioni filosofiche e sociali, prima di esporre questa tua teoria filosofico-politica”! Vero, non avrei avuto tempo di effettuare un approfondimento di questo tipo e, comunque, ritengo importante che il politico possa esprimere la sua personale, non necessariamente condizionata da teorie altrui, visione delle cose, in modo che i cittadini possano valutarlo, dal momento che reputo importantissimo il rapporto “genuino” dello stesso con l’elettorato.
-        OBIEZIONE 2: “Stai facendo di tutt’erba un fascio e non stai tenendo in considerazione la complessità della natura umana e della nostra società”! Verissimo, sono un Fisico Teorico (uno abituato a ragionare in termini di numeri ed equazioni) ed un politico, non un economista, un sociologo, un filosofo od un giurista. Mi rendo conto di questo ed, infatti, il mio obiettivo è di proporre una visione di “base”; le proposte che avanzerò saranno volutamente molto generiche perché andrebbero declinate in modo puntuale da chi abbia queste competenze.
-        OBIEZIONE 3: “La moralità è un concetto relativo, non è possibile imporre un'unica visione!” La morale è relativa, indubbiamente, e si evolve nel tempo; non bisogna mai dimenticarlo, altrimenti si cade nell’oscurantismo e nel totalitarismo. È, però, pure vero che una società può funzionare solo a condizione che, ad un certo punto, si tracci una linea, che si decida, dopo una discussione lunga, approfondita e che tenga conto di tutte le complessità della società stessa, che cosa è “giusto” e che cosa è “sbagliato”, affinchè tale società possa mantenere un suo equilibrio; a quel punto, si deve pretendere che tutti i cittadini si adeguino, mettendo parzialmente da parte il relativismo etico. Questo è un punto essenziale che tornerà più volte nel corso della trattazione.
-        OBIEZIONE 4: “Stai esagerando in durezza! Il tuo è un disegno di società giansenista morale”. In assoluto potrei essere d'accordo, ma la situazione di crisi morale del paese è tale che, per correggere la rotta, sarebbe necessaria una vera “terapia d’urto”.

Ebbene, per rispondere alla domanda di inizio paragrafo, io sono profondamente convinto che tutti i fatti elencati e la gran parte dei “mali” del paese possano essere ricondotti ad un'unica causa fondamentale: la bassissima tensione morale che oggi contraddistingue la nostra stessa società.
E quando parlo di società, metto, evidentemente, al primo posto la Politica, soprattutto come radice  di esempio (tema su cui ritornerò); ma sarebbe troppo facile e demagogico fermarsi qui, perché, in un regime democratico, sia pure pesantemente imperfetto, in cui valga il principio di rappresentatività, società e politica sono strettamente interconnesse, sono un tutt'uno.
Sono, altresì, fortemente convinto che la “crisi infinita” che il nostro paese sta vivendo e che ne sta comportando un declino apparentemente irreversibile, prima di essere crisi economica e sociale, sia in realtà, in gran parte, ovviamente non unicamente, riconducibile ad una “crisi morale”; se non si risolve questo problema alla radice, non si riuscirà mai a raggiungere la tanto agognata rinascita del nostro paese e tutti i provvedimenti e le riforme, che in modo più o meno democratico, più o meno competente e che vengono spesso sbandierati come salvifici, si cerca di realizzare per correggere la situazione, rischiano di risultare scarsamente efficaci e difficilmente potrebbero conseguire risultati complessivi e duraturi.
Il problema vero, quindi, è di natura “culturale”, legato ad alcune caratteristiche profondamente radicate nella nostra società, la quale, con tutte le lodevolissime eccezioni che si possono contemplare, spesso, secondo la mia personalissima ed umile percezione, sembra essere guidata da disvalori, piuttosto che valori, o, comunque, caratteristiche negative (quest’elenco non vuole essere minimamente ordinato in termini del “grado” di negatività o con qualunque altro criterio): l'ignoranza, l’individualismo sfrenato (opposto alla tensione verso il bene comune), l'edonismo, lo scarso senso del dovere, lo scarso senso del limite e del decoro, la tendenziale inosservanza di ogni tipo di regola, limitazione e forma, la scarsa serietà e disciplina (sia individuale sia collettiva), la corruzione, la furberia, l’ostentazione, l’inaffidabilità, la codardia, il nepotismo, la piaggeria, il lobbismo, il NIMBY, il vittimismo, l’assenza di severità, la superficialità, la mancanza di rispetto nei confronti delle persone e, più ancora delle istituzioni e tanti, tanti altri, che, certamente ho dimenticato di elencare.
In gran parte, sembra che l’Italia sia questa!
L’esempio forse più emblematico, che racchiude gran parte di questi elementi: il già citato recente matrimonio “ducale” romano e gli strascichi mediatici. Messaggio chiaro: l’onestà non è un valore, ma un disvalore!


IL RIMEDIO?

Ed allora, quale può essere la cura per questa “malattia collettiva”?
Ebbene, sono profondamente convinto che sia essenziale una “rivoluzione morale” (se vogliamo usare un linguaggio che sottolinei il livello di radicalità che occorre implementare, oppure, adoperando un linguaggio renziano, una “riforma morale”) che porti ad una modifica radicale della nostra mentalità del nostro stesso modo di pensare ed agire, di valutare, di comportarci, in definitiva, di vivere; una trasformazione culturale profonda della società italiana, che parta, magari, dalle piccolissime cose, come, ad esempio, non attraversare col rosso anche quando non c’è assolutamente nessuno, non falsificare le firme anche quando si ha il consenso per farlo, non tardare sempre agli appuntamenti, ecc.
Sono, però, necessarie alcune premesse.
Sia chiaro che si tratta di un argomento estremamente complesso, innanzitutto perché la morale, evidentemente, ha una forte componente soggettiva, come già detto; in questo testo, ovviamente, rappresenterò quelle che sono le mie personali opinioni morali, ma che sono anche quelle che ritengo essere necessarie per la ricostruzione del nostro paese.
Inoltre, deve essere molto chiaro che si tratterebbe di una linea d’azione non che può portare risultati immediati, né può essere propagandabile sul modello (vetero-belusconiano) delle riforme di Renzi (bacchetta magica, cieli azzurri,  risultati miracolosi il giorno dopo). I risultati potranno arrivare solo fra decenni (del resto è questo l’ordine di grandezza di tempo che ha impiegato il berlusconismo a rendere la società italiana quella che è oggi); in caso contrario, ci troveremmo di fronte ad un deficit di democraticità, perché dovremmo imporre una visione morale non condivisa dall’opinione pubblica, la quale, invece, deve via via affiancare l'azione istituzionale, accettandola e metabolizzandola gradualmente; si deve, cioè, accompagnare la modifica della mentalità, attraverso una progressiva presa di consapevolezza ed accettazione del nuovo modo di pensare, del nuovo modello morale, costruendo, passo dopo passo, il consenso intorno ad esso. Se non si opera in questo modo, lo sforzo sarebbe destinato a fallire. Evidentemente, si tratta di un processo che non può che essere molto, molto lungo.
Esso richiederebbe un mastodontico intervento in tutti i segmenti della nostra società, coniugando un’azione politica con una normativa ed una educativa; le categorie dell’azione dovrebbero quindi essere, in ordine di importanza, le seguenti:
  •         Esempi positivi da parte delle classi dirigenti.
  •         Azione educativa
  •         Azione normativa (divieti, sanzioni, ecc.)
  •         Azione repressiva

L'idea di fondo è che, in tutti i contesti, si declinino tali azioni mediante l’implementazione di valori diametralmente opposti a quei disvalori che ho elencato prima ed attanagliano la società: serietà, cultura, severità, legalità assoluta, disciplina e, soprattutto, il principio che i doveri sono importanti quanto i diritti, il bene comune è più importante di quello individuale, i diritti collettivi più importanti di quelli personali, così da tendere verso una società “ragionevolmente ordinata”. Sulla scia del paragrafo precedente, ritengo di sottolineare che, ad esempio, quando parlo di disciplina, intendo certo l'azione normativa che possa stabilire restrizioni, divieti, ma intendo soprattutto che dobbiamo, anche attraverso questi strumenti, mirare a forgiare l’autodisciplina  delle persone: i nostri cittadini devono imparare progressivamente questo nuovo modello comportamentale di alto livello e devono autoconvincersi della sua necessita e del fatto che esso porta un benefico innanzi tutto per loro stessi.

Cercherò ora di delineare alcune, molto generiche e senza pretesa di approfondirle dal punto di vista della fattibilità giuridica, linee concrete di intervento per realizzare la “rivoluzione morale”. La distinzione tra i vari punti è in qualche misura artificiosa, perché tutti gli aspetti sono fortemente interconnessi tra di loro e con tutti temi del dibattito politico ed amministrativo, cionondimeno, per amore di chiarezza, ho suddiviso le linee d’azione in contesti separati.


LA RIFORMA MORALE DELLA POLITICA

Ritengo che il primo passo da compiere, anche da un punto di vista temporale, sia la riforma (o meglio autoriforma)  della Politica, sia perché la politica è l'unica realtà che può dare l'avvio a questo processo di moralizzazione, sia perché non possiamo aspettarci di riformare la società se la politica non è la prima a dare il buon esempio ed a recuperare le propria credibilità perduta; in caso contrario, la riforma non sarebbe accettabile dall’opinione pubblica. In effetti, come già sottolineato, l’aspetto più importante è dare degli esempi positivi; la crisi della Politica e delle istituzioni perdura da molto tempo ormai e la risposta a questa deriva, invece di condurre alla riforma dei partiti al loro interno, favorendo la trasparenza, la qualità, il pluralismo, il confronto e la moralità della classe dirigente, s’è declinata in un processo che io non esito a definire “iconoclasta”, di “riforma” non della politica, ma delle istituzioni, mirato alla riduzione gli spazi di rappresentatività politica e quindi di democrazia, allontanando ancora più le istituzioni dai cittadini: penso alla brutale esecuzione dei consigli provinciali eletti (non chiamiamola “abolizione delle provincie”, perché sarebbe un’affermazione falsa!) ed alla prossima inaccettabile cancellazione del Senato elettivo. Io ritengo che, al netto di alcune storture che certamente andavano corrette, questa politica abbia rappresentato un grave errore.
Altro elemento da correggere è l’arroganza intrinseca che oggi domina parte della classe politica. Ad esempio, l’atteggiamento di totale mancanza di rispetto manifestato da parte del premier, dei suoi collaboratori, nei confronti di ogni forma di dissenso (i vari “gufi”: la minoranza, l’opposizione, i contestatori, ecc.), in connessione alla già citata furia distruttiva verso la democrazia rappresentativa; la leggerezza con cui ci si accinge a stravolgere la Costituzione, degna del ventennio appena chiuso, ne sono la prova più evidente e mi inducono seria inquietudine sui futuri equilibri democratici del nostro paese, conquistati con tanti sforzi, lotte e sofferenze dai nostri padri e dai nostri nonni.
Si potrebbe, poi, citare il confine sempre più labile fra la politica ed i poteri e gli interessi economici\finanziari, le varie forme di lobbismo, note dolenti da tempo (vedasi il conflitto di interesse che ha dominato la scena nell’ultimo ventennio). Questo problema non solo non si affronta, ma si ha la sensazione che sempre di più questi poteri abbiano in mano le leve del comando, in misura assai maggiore, rispetto alle istituzioni democraticamente elette. Pensiamo al conte di Cavour che aveva ritenuto normale liquidare (quasi) tutte le sue proprietà quando era divenuto ministro…che arretramento in 160 anni.
Ovviamente l’aspetto più deleterio della deriva morale della politica è quello legato al basso grado di legalità che la caratterizza. È essenziale e ne parlerò più diffusamente in un successivo paragrafo.
La strada da percorrere, dovrebbe essere, a mio avviso, una riforma dei partiti, operando in base a due principi. Innanzi tutto, io ritengo, a differenza di molti, che la politica debba essere un mestiere, eppure, un mestiere molto particolare: l’azione del politico può (o forse dovrebbe), potenzialmente, avere conseguenze su un gran numero di cittadini; come tale, ed in quanto primaria sorgente di esempio, il politico dovrebbe avere molti più doveri (mi riferisco ai doveri nei confronti dei cittadini e delle istituzioni, non certo nei confronti dei partiti o gruppi all’interno degli stessi) che diritti, rispetto ad ogni altro cittadino; per far sì che la sua azione sia credibile, il politico deve essere al di sopra di qualsiasi sospetto, di qualsiasi ombra che possa lambire interessi personali, amicizie o necessità individuali. Da questo punto di vista, la politica deve essere l'ambito dove applicare il massimo livello di rigore morale, occorre lasciare da parte i distinguo sulle situazioni specifiche, basate su attenuanti, circostanze particolari, tenuità dei fatti, ecc. Ad esempio, sotto l'aspetto della Legalità, non si dovrebbe tollerare il più piccolo dubbio sulla condotta dell'uomo politico e qualsiasi provvedimento o notizia col potenziale di indurre alla remota ipotesi che questi possa avere commesso atti non conformi alla legge, dovrebbe comportare l'immediata decadenza dello stesso. Certamente, molti campioni del garantismo “a prescindere” storceranno il naso, ma io credo che per il politico si debba implementare una dose minore di garantismo rispetto a quella dovuta nei confronti di qualsiasi altro cittadino. Da questo punto di vista, a mio avviso, la legge Severino è stato un passo nella direzione giusta, ma come hanno dimostrato i fatti, essa risulta imperfetta e dovrebbe essere corretta e soprattutto rafforzata (ad esempio estendendola anche ai parlamentari). Occorre portare avanti processi legislativi che vadano precisamente in quella direzione.
Non basta, però, l’aspetto della legalità a garantire una classe dirigente moralmente all’altezza. Fondamentale è la considerazione dei comportamenti e degli atteggiamenti del politico, non solo nella sua vita pubblica, ma manche in quella privata. Aspetti come l’affidabilità, la puntualità, il rispetto delle persone, nel linguaggio e nelle azioni dovrebbero essere elementi essenziali nel valutare l’azione di un uomo politico (ad esempio, non dovrebbe essere più accettabile che le riunioni comincino sistematicamente con un ritardo che va da un quarto d’ora ad un’ora!), ecc.
Alcuni di questi aspetti, ed anche altri, potrebbero essere implementati tramite una regolamentazione per legge della vita dei parti. Questi hanno infatti dimostrato di non essere in grado di autoregolamentarsi ed è necessario che sia un’autorità terza, ad esempio un organo legato all’autorità giudiziaria, a farlo, vigilando sui momenti di democrazia interna, nonché sull’idoneità dei politici ai ruoli che ricoprono, sia sotto il profilo dei loro comportamenti ed atteggiamenti, sia sotto quello degli interessi economici\finanziari e delle relazioni; in quest’ottica, il ruolo dei partiti dovrebbe essere politicamente più debole, dovrebbero cioè essere degli “spazi politici” dove siano massimamente tutelati la pluralità ed il dissenso interni, ma vi sia la massima rigidità nei confronti di coloro che sono ritenuti, in base a codici comportamentali molto chiari e precisi, non credibili nei confronti dell’opinione pubblica, per svolgere determinati incarichi.


LA LEGALIZZAZIONE DELLA SOCIETA’

Il secondo passo, dopo che la politica avrà dato il “buon esempio”, dovrebbe consistere nell’implementare un maggiore livello di Legalità all'interno della società stessa, sia nel senso di intervenire al fine di creare la “cultura della legalità” sia di rendere reale, finalmente, il sacrosanto principio del “chi sbaglia paga”. Da questo punto di vista, la Legalità sarà un principio credibile unicamente se potrà essere applicato realmente in modo universale, ossia nello stessa misura per tutti i segmenti della società. Nel dibattito politico degli ultimi anni, infatti, il vessillo della legalità è stato impugnato alternativamente da una parte contro l'altra, propugnando, di fatto, una sorta di doppio diritto, introducendo evidenti distorsioni. Una certa parte politica interpreta la Legalità unicamente come “sicurezza”, così che la Legge dovrebbe essere estremamente dura coi “poveri cristi” e totalmente permissiva verso le classi dirigenti e i “potenti”, al punto da caldeggiare l’idea che questi dovrebbero essere, de facto, “al di sopra della legge”. Un'altra parte politica, invece, ha sempre cercato di fare passare l’idea che l’amministrazione della giustizia dovrebbe essere molto rigorosa nei confronti dei “potenti” e molto tollerante nei confronti dei comportamenti illegali compiuti dalle classi socialmente “svantaggiate” (quante volte abbiamo sentito la locuzione “è colpa del disagio sociale”?), oppure nei confronti di gesti dimostrativi, quali le occupazioni illegali di proprietà pubbliche o private. Invece, la Legalità deve essere implementata nei confronti di tutti i segmenti della società a prescindere da amicizie e bisogni.
La mia impressione da “profano” è che, in generale, il nostro sistema giuridico sia oggi distorto, drogato da un’infinità di burocrazia, cavilli, furbizie, creando, tra l’altro, un’evidente disparità di trattamento per cui chi è meno abbiente ha molte meno possibilità di difendersi rispetto a chi abbia a disposizione cospicue risorse. Come si dice, in molti casi non, ci si difende “nel processo”, ma “dal processo”. Più in generale, ciò che veramente manca, in questo paese, è la certezza della pena, di fatto, a causa delle lungaggini processuali ma, soprattutto, probabilmente, di una procedura, non solo per quanto concerne l’aspetto penale, non adeguata. In questo contesto, dove spesso non si giunge ad una effettiva imposizione della pena, come si può sperare che la Legalità diventi un valore da tutti riconosciuto?
Ebbene, questo risulterà molto impopolare, ma io ritengo che, sempre rammentando che il garantismo è un principio sacrosanto per uno Stato di Diritto, occorra una revisione profonda delle nostre procedure “legali”, che semplifichi molto le stesse, riportando la valutazione ad una natura più “oggettiva” e meno basata sul “diritto” inteso come codici, codicilli, cavilli, ecc., ripristinando la “certezza della pena”, tenendo a mente che ciò si può fare solo rinunciando ad una piccola dose di diritto individuale, per fare trionfare gli interessi collettivi. Ad esempio, istituti come quelli della prescrizione andrebbero profondamente ripensati, così come occorrerebbe una minore possibilità di ricorrere (siamo il paese dove un ricorso al TAR “non si nega a nessuno”) ed appellarsi, soprattutto quando una delle parti in causa è il pubblico.

Allo stesso tempo, occorre dare segnali forti e portare avanti politiche che possano applicare importanti interventi al corpo stesso della nostra società, sempre nell’ottica di avviarla ad un maggiore rispetto delle regole, incominciando dalle piccole cose. Occorre rafforzare gli interessi della comunità su quelle del singolo individuo, un esempio su tutti, il contrasto all'evasione fiscale. Più in generale, occorre rafforzare la possibilità, per lo Stato, di “monitorare” la società, superando il concetto di privacy come un diritto di eccessivo rilievo, permettendo, ad esempio, un maggiore controllo digitale sui nostri scambi di informazione, creando degli importanti archivi digitali in cui confluiscano tutti i dati di tutti i cittadini (che potrebbero altresì essere molto utili per la semplificazione burocratica). Occorre, inoltre, essere molto più rigorosi sull’applicazione del codice della strada (incominciamo a fare rispettare i limiti di velocità ed i semafori, anche per i pedoni), aumentando il numero di telecamere per le strade. Occorre dimenticarsi dello stesso vocabolo “condono” in qualunque ambito. Altro aspetto rilevantissimo è la comunicazione: mantenendo ferma, come principio inviolabile, la libertà di stampa e di informazione, occorre che i mass media si attestino su elevati standard di qualità, per non “rincretinire” la gente come accaduto negli ultimi decenni. Pesanti interventi andrebbero svolti su tutto ciò che attiene al mondo della finanza, del diritto societario e dei conflitti di interessi, per riportare l’economia ad una dimensione più umana, etica e (fondamentale) rispettosa dell’Ambiente.
E qui mi fermo, perché vi sarebbero innumerevoli altri spunti che mi porterebbero fuori tema.



FORGIARE LA NUOVA MORALE, PRIORITARIAMENTE NEI GIOVANI

Ma, la Legalizzazione della società non è sufficiente a garantirne la moralizzazione. La Moralità precede la Legalità, è un concetto più fondamentale. Per tanto, prima o durante la fase di legalizzazione, è necessario avviare una fase di moralizzazione della società stessa, una correzione dei comportamenti e degli stili di vita, che stemperi fenomeni quali edonismo, autolesionismo (quali, ad esempio, fumo, alcol, ecc.), pressapochismo, individualismo frenato, ostentazione sessuale, ecc. Trovo, ad esempio, delirante l’abitudine, non solo dei giovani, purtroppo, di ostentare in tutti i modi sui social network le loro “bravate alcoliche” (ricordo che, già in piccola quantità, l’alcol è una sostanza, se non tossica, quantomeno “impegnativa” per l’organismo umano). Uno degli aspetti più preoccupanti consiste nel fatto che, oggi, vige una sorta di “Dittatura culturale del Divertimento”.
È difficile pensare di modificare queste tendenze all’interno della società tout-court, ma ci può essere qualche speranza per le prossime generazioni. I giovani, oggi, in molti casi, hanno una visione della vita ed un sistema valoriale completamente distorti (leggasi questo interessante articolo). Questa, a mio modo di vedere, anche se non se ne parla poco, è una delle grandi emergenze nazionali, perché stiamo bruciando un’intera generazione, come molti tristi fatti di cronaca di questa estate ci insegnano. Innanzi tutto, occorre dare dei segnali inequivocabili; già la sola proposta di legalizzare la cannabis per uso ricreativo ritengo che sia stata deleteria, perché ha dato un bruttissimo segnale: lo stato si arrende, “sballo libero!”. Quindi, assolutamente no a nuove legalizzazione di qualsiasi tipo di stupefacenti o, comunque, sostanze psicotrope e\o autodistruttive (cioè fumo, alcol, droghe, cc.). Occorre porre seri limiti al fenomeno della cosiddetta “movida”, nelle discoteche e nei locali notturni, in generale dando un “alt” importante alla cultura dello “sballo”, perché, purtroppo, nella maggior parte dei nostri giovani, non solo nei cosiddetti “tamarri”, ma anche quelli che classificheremmo come “bravi ragazzi”, è ormai radicata la consapevolezza che durante la settimana e di giorno ci si comporta bene, mentre la sera e nel week-end ci si può “sfondare” fino all’estremo. Si potrebbe obiettare che se uno vuole comportarsi così, è una sua scelta e deve essere rispettata. Purtroppo, però, la realtà è un’altra: oltre a danneggiare chi li mette in pratica, tali stili di vita hanno pesanti ricadute sulla comunità, sia nell’immediato (basta ricordare ciò che le cronache locali riportano circa il fenomeno della movida torinese: rumore assordante che non permette ai residenti di dormire, minando quindi il diritto alla salute, decoro urbano compromesso, perdita di lucidità che può provocare comportamenti deviati, molesti e pericolosi, ecc.), sia a lungo termine, compromettendo le capacità cognitive dei soggetti e la loro salute, il che non può che ricadere sul SSN, avendo effetto, in definitiva, su tutta la società, oltre a pregiudicare l’educazione dei ragazzi, perché essi tendono a non apprendere il senso del limite. Anche le amministrazioni locali dovrebbero seriamente riflettere su tutto ciò, comprendendo che si tratta di fenomeni cui occorre mettere un freno, nell’interesse della collettività. Certo, non si può ragionare seriamente di questi temi, non tenendo conto del principio del piacere, così radicato nella psiche umana; non si può cambiare la nostra natura, ma forse la nostra “cultura” (intesa come abitudini e stili di vita) sì, indirizzando maggiormente i giovani verso attività piacevoli, ma “sane” come lo sport.

Ovviamente, però, il contesto in cui intervenire prioritariamente per “moralizzare” i nostri giovani, non può che essere la Scuola. In particolare, occorre lavorare sulla disciplina e sulla figura dell’insegnate che, negli ultimi decenni, ha perso quella dimensione di “autorità” che giustamente gli compete. Occorre una riforma della disciplina scolastica, perché la “Buona Scuola” non solo ha provocato danni enormi al sistema dell’istruzione italiana, ma, soprattutto, non ha assolutamente toccato questo che, per me, è uno dei problemi principali della nostra scuola. Oggi, gli studenti (e su questo una certa cultura di sinistra ha avuto un’influenza deleteria) sono considerati alla stregua di oggetti di cristallo, sono fortemente tutelati sia dal sistema, sia dai loro stessi genitori che hanno perso quella capacità di educare i figli al rispetto ed alla disciplina; come conseguenza, una parte, certamente minoritaria ma sufficiente a destabilizzare le classi, si sente intoccabile e quindi libera di fare qualunque cosa, vanificando anche la buona volontà dei compagni e ponendo il docente nella condizione di non poter svolgere il proprio lavoro; oltre al danno immediato, si avrà, come conseguenza, che costoro rischiano di diventare adulti che avranno difficoltà ad inserirsi nella società civile. Occorre, pertanto, proporre una nuovo approccio disciplinare, più duro, più fermo, più fortemente connotato alla severità ed all’educazione del rispetto delle regole, che dia più potere all’insegnate e ne rivaluti la figura, restituendole quel ruolo di autorità (ovviamente essendo anch’essa soggetta a rigidi controlli circa la qualità ed il comportamento), quale rappresentante dello Stato. Occorre, quindi, che la scuola prenda in mano quel ruolo educativo che la famiglia ha perso e che possa inculcare nei nostri futuri cittadini il senso delle Istituzioni, del rispetto sia nei confronti dell’Autorità sia delle persone e della necessità dell’osservanza delle regole sempre e comunque. Quando questo sarà realizzato, la scuola funzionerà davvero e potrà combattere l’altro smisurato male della società italiana: l’ignoranza!

Ebbene, tutto ciò sarà molto impopolare e probabilmente, per certi aspetti impositivo, eppure potrebbe essere davvero l'unica strada, non immediata e non facile, per risollevare il paese



CONCLUSIONE

Dopo decenni, avremo finalmente una società dove prevalgono valori di onestà, legalità, efficienza, affidabilità, rispetto delle regole, morigeratezza negli stili di vita, senso del dovere e del bene comune. Una società più giusta ed operosa.
Ma i cultori dell’edonismo e dei disvalori che ho enunciato possono stare tranquilli, perché tutto ciò non si realizzerà mai, in quanto è molto più comodo ricercare il consenso immediato piuttosto che realizzare ciò che, impopolare, potrebbe risultare davvero efficace.
Il vostro affezionato, da parte sua, invece, ha sempre cercato, fra mille errori, imperfezioni, fallimenti, difficoltà, di agire sia a livello personale, sia livello di azione politica ed amministrativa, sulla base di questi principi e così continuerà a fare anche in futuro.

Grazie per avermi dedicato la vostra attenzione.



RICCARDO CARLO GIOVANNI TASSONE




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